Fondazione Telethon ha ottenuto l'autorizzazione alla messa in commercio per una terapia genica grazie a un modello di sostenibilità che integra la ricerca con l'industria, i pazienti e i sostenitori. Intervista a Celeste Scotti, Direttore Ricerca e Sviluppo di Fondazione Telethon.

La terapia genica per la sindrome di Wiskott-Aldrich ha ottenuto negli ultimi mesi un parere positivo sia dal CHMP di EMA per il mercato europeo, sia da FDA per la commercializzazione negli Stati Uniti.
Si tratta di un traguardo fondamentale per tutti i pazienti, in particolare per coloro che non possono affrontare il trapianto di cellule staminali - oggi terapia di prima linea - per l’assenza di un donatore compatibile o per limitazioni legate alla tollerabilità della chemioterapia.
Fondazione Telethon è il primo ente no-profit in Italia ad aver ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio per una terapia genica - prima per ADA-SCID e ora per WAS - grazie a un modello di sostenibilità che integra ricerca, industria, pazienti e sostenitori.
Perché una terapia genica per malattie rare non è sostenibile?
Una terapia, non solo genica, deve essere sostenibile per tutti gli attori coinvolti. In generale, per lo sviluppo di una terapia che includa tutte le fasi, da quella preclinica al lancio commerciale, in media sono necessari circa tre miliardi di euro. Per le malattie rare i costi sono inferiori, ma richiedono comunque una spesa dell’ordine di centinaia di milioni di euro.
Inoltre, i proventi delle terapie commerciali devono coprire non solo le spese sostenute per i farmaci che arrivano sul mercato, ma anche tutte le fasi di ricerca e sviluppo portate avanti per approcci che non hanno avuto il successo sperato.
Le aziende farmaceutiche, inoltre, devono considerare la necessità di generare un utile: questo obiettivo, in caso di malattie rare e ultra-rare caratterizzate da pochi pazienti, è estremamente difficile da raggiungere.
Fondazione Telethon finanzia la ricerca ed essendo un ente non profit non deve generare un ritorno economico, né distribuire dividendi. Allo stesso tempo, però, è auspicabile che l’attività per il mantenimento della terapia non sia in perdita, poiché questo significherebbe togliere risorse alla ricerca di base.
Celeste Scotti, direttore Ricerca e Sviluppo di Fondazione Telethon, commenta: «La commercializzazione e il mantenimento della terapia genica per la WAS devono autosostenersi; gli utili, se ci fossero, sarebbero reinvestiti nella ricerca, verso la quale negli ultimi anni abbiamo aumentato le risorse».
Per poter rendere sostenibile la terapia genica per le malattie rare, come ADA-SCID e WAS e quelle future, questo sistema deve poter disporre di partnership con aziende farmaceutiche, start-up, donatori, stakeholder, pazienti, fondi d’investimento e una buona comunicazione con gli enti regolatori e i sistemi sanitari.
«Si tratta di creare un rapporto di complementarità ed essere sussidiari all’industria, nei casi in cui per le aziende non sia sostenibile sviluppare e commercializzare una terapia genica per malattie rare e ultra-rare», conclude Celeste Scotti.
Il modello nato dalla terapia genica per ADA-SCID e WAS
Nel panorama attuale della ricerca biomedica, gli investitori tendono a orientarsi verso progetti già in fase avanzata, intervenendo solo dopo che una terapia ha dimostrato una validazione iniziale nei pazienti.
È in questo contesto che Fondazione Telethon si fa carico delle fasi di sviluppo precoce e intermedio delle terapie, portandole avanti fino a renderle mature, validate e quindi attrattive per partner industriali o investitori.
La ricerca di finanziamenti e di una partnership con un’azienda avviene quindi quando la maggior parte del lavoro è già stata svolta: per l’azienda si tratta di acquisire una terapia pronta da portare sul mercato; mentre costi e rischi delle fasi precedenti sono in larga parte già stati assorbiti da Fondazione Telethon.
Se, durante questa fase di ricerca di collaborazioni e finanziamenti, si fanno avanti soggetti interessati, la Fondazione facilita il trasferimento del progetto; quando invece il mercato non risponde, prosegue autonomamente, con l’obiettivo primario di garantire ai pazienti l’accesso a trattamenti altrimenti destinati a non vedere la luce, come è accaduto con la terapia WAS.
Commenta Scotti: «L’intervento delle aziende è richiesto quando disponiamo di un approccio terapeutico già maturo, funzionante, basato su piattaforme consolidate, con evidenze scientifiche robuste e un potenziale applicabile non solo alle malattie ultra-rare, ma, in alcuni casi, anche a malattie rare con maggiore incidenza. Questo rende le terapie più appetibili per l’industria e amplia il numero di possibili beneficiari».
In un settore in cui la sostenibilità economica rappresenta una sfida strutturale, questo modello consente alla Fondazione di attrarre partner e investitori, rafforzando al contempo il proprio ruolo di ponte tra ricerca accademica e applicazione clinica.
Per questo nuovo modello, Fondazione Telethon ha dovuto acquisire nuove competenze.
Nuove competenze per un nuovo modello
L’area Ricerca e Sviluppo si è strutturata come una sorta di un incubatore no-profit all’interno di Fondazione Telethon, implementando molte delle funzioni tipiche dell’industria.
«Questo passaggio è stato possibile grazie alla generosità dei donatori e alla capacità della nostra organizzazione di attrarre fondi in modo molto efficace», spiega Scotti.
Le partnership indispensabili per lo sviluppo della terapia genica
Il modello di Fondazione Telethon non sta in piedi da solo: nonostante il vantaggio economico di non dover creare utili, non può permettersi di andare in perdita e non vuole erodere fondi destinati alla ricerca. Per questo è fondamentale il concetto, sottolineato da Celeste Scotti, di voler rispondere a una necessità terapeutica che rischia di essere insoddisfatta attraverso la creazione di sinergie e partnership.
A livello di finanziamenti, Fondazione Telethon si basa in prima istanza sul ruolo fondamentale svolto dai donatori, che contribuiscono ai costi della ricerca in modo sostanziale.
All’interno del consorzio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono stati resi disponibili fondi pubblici che hanno permesso lo sviluppo di terapie avanzate.
A livello privato, molte terapie geniche sono prodotte presso aziende commerciali che supportano Fondazione Telethon riconoscendone lo statuto di no-profit e quindi attuando partnership sostenibili ed efficaci.
Anche le associazioni di pazienti hanno sicuramente un ruolo importante nelle scelte strategiche e regolatorie. La Wiskott Aldrich Foundation, per esempio, ha collaborato nello sviluppo della terapia per la sindrome di Wiskott-Aldrich, facilitando le relazioni con gli enti regolatori. Inoltre, spiega Scotti, «È fondamentale che il piano di sviluppo clinico sia validato dalle associazioni pazienti, per poter misurare non solo ciò che viene richiesto dagli enti regolatori, ma anche ciò che conta davvero per i pazienti».
In questo momento di trasformazione, oltre alle risorse italiane, Fondazione Telethon guarda anche oltre i confini nazionali, perché i pazienti sono ovunque.
Attualmente la somministrazione dei trattamenti avviene a Milano e a Napoli, ma lo sviluppo di nuove terapie geniche renderà necessario ampliare le partnership, aumentando il numero di centri che le somministrano a livello europeo e internazionale: «Nel Regno Unito siamo in contatto con un centro di Londra, mentre negli Stati Uniti, dopo l’iter di approvazione della terapia per la sindrome di Wiskott-Aldrich, si dovrà garantire l’accesso alla terapia anche ai pazienti statunitensi, poiché un ente italiano non può gestire direttamente la distribuzione sul territorio statunitense ed è indispensabile appoggiarsi a un’entità giuridica locale», commenta Scotti.
I passi futuri: espansione geografica e ampliamento delle terapie
L’obiettivo per i prossimi anni è garantire la continuità delle terapie già disponibili per ADA-SCID e per la sindrome di Wiskott-Aldrich, assicurandone la presenza sul mercato e l’accesso per i pazienti.
Parallelamente, la Fondazione sta lavorando all’ampliamento del proprio portfolio di sviluppo.
Questa strategia si muove quindi lungo due direttrici: l’espansione geografica delle terapie e il progressivo aumento del numero di soluzioni terapeutiche disponibili. L’obiettivo complessivo è contribuire a colmare il vuoto nello sviluppo di trattamenti per malattie rare e ultra-rare, un settore in cui la sostenibilità commerciale rappresenta spesso una barriera.