Spring Seed Grant 2025: cinque nuovi progetti per la ricerca sulle malattie genetiche rare

In questa edizione, la decima, focus su sindrome di Jamuar, sindrome di Sturge-Weber, sindrome associata a SATB2, sindrome di Pitt-Hopkins e malattia di Anderson-Fabry.

Cinque nuove sfide scientifiche per altrettante malattie genetiche rare. Con l’edizione 2025 del bando Spring Seed Grant, Fondazione Telethon e le associazioni dei pazienti rinnovano il loro impegno comune per sostenere la ricerca di eccellenza e aprire nuove prospettive di cura.

Il bando, giunto alla sua decima edizione, ha l’obiettivo di finanziare progetti esplorativi della durata di 12 o 18 mesi ad alto potenziale innovativo, capaci di generare risultati preliminari utili a candidarsi a finanziamenti più ampi a livello nazionale e internazionale.

Grazie al contributo economico di cinque associazioni di pazienti, che si sono affidate a Fondazione Telethon per la revisione scientifica, sono stati finanziati altrettanti progetti di ricerca, per un totale complessivo di oltre 260 mila euro. Salgono così a oltre 4,3 milioni i fondi investiti e a 86 i progetti di ricerca finanziati nell’ambito di questa iniziativa, che ha coinvolto 36 associazioni di pazienti.

Un’iniziativa, quella del Bando Seed Grant, con cui Fondazione Telethon e le associazioni dei pazienti ribadiscono il valore della collaborazione tra comunità scientifica e società civile, unendo le forze per offrire nuove speranze alle persone che convivono con una malattia genetica rara.

Scopriamo insieme quali sono i nuovi progetti finanziati e le malattie genetiche studiate.

Sindrome di Jamuar

All’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, Fabio Falleroni condurrà il progetto “Comprensione e regolazione della struttura cerebrale nella sindrome di Jamuar”, finanziato dall’associazione Ugdh Italia - Il Sorriso di Aurora.

La sindrome di Jamuar è una rara malattia neurologica infantile caratterizzata da epilessia farmaco-resistente, accompagnata da ritardo o regressione dello sviluppo. La sindrome è associata a mutazioni nel gene UGDH, coinvolto nella produzione dei glicosaminoglicani, molecole simili a zuccheri che costituiscono la matrice extracellulare: una sorta di “impalcatura” che circonda i neuroni, ne sostiene la struttura e regola le loro connessioni. Alterazioni di questa matrice possono rendere il cervello “ipereccitabile”, provocando epilessia e ritardi nello sviluppo. Obiettivo di questo progetto è chiarire meglio questi meccanismi grazie allo sviluppo di un modello cellulare della sindrome.

Sindrome di Sturge-Weber

Laura Piccardi, dell’Università “La Sapienza” di Roma, porterà avanti il progetto “Esaminare il profilo neuropsicologico della sindrome di Sturge-Weber per lo sviluppo di un intervento di riabilitazione personalizzato ed efficace”, finanziato dall’Associazione Sindrome Sturge-Weber Italia.

La ricerca analizzerà per la prima volta le funzioni cognitive compromesse nella sindrome di Sturge-Weber, come memoria, orientamento spaziale e problem solving. L’obiettivo sarà mettere a punto piani di riabilitazione personalizzati e strumenti pratici a sostegno di famiglie, insegnanti e clinici.

Sindrome associata a SATB2

Eugenio Fornasiero dell’Università di Trieste condurrà il progetto “Analisi e ripristino delle alterazioni della nano-architettura sinaptica nella sindrome associata a SATB2”, finanziato dall’Associazione SATB2 Italia.

Questa rara sindrome è associata a mutazioni nel gene SATB2, che codifica per una proteina importante per lo sviluppo cerebrale e facciale. Si manifesta entro i due anni di età con ritardo nello sviluppo, disabilità intellettiva e anomalie dei denti e delle ossa. Questi bambini possono inoltre presentare ritardi nello sviluppo sia motorio che del linguaggio – che può essere anche del tutto assente.

Obiettivo del progetto sarà studiare come il gene SATB2 influenzi la formazione delle sinapsi, le minuscole connessioni che permettono ai neuroni di comunicare tra loro. Difetti in queste strutture potrebbero infatti spiegare molte delle difficoltà dei pazienti: comprenderli meglio è il primo passo per immaginare possibili terapie mirate.

Sindrome di Pitt-Hopkins

All’Università di Pisa, Michela Ori condurrà il progetto “Insieme di più: approccio integrato multi-modello per la sindrome di Pitt-Hopkins” , finanziato dall’Associazione Italia Sindrome di Pitt-Hopkins – Insieme di più Onlus e del valore di 65.000 euro.

Per studiare la sindrome di Pitt-Hopkins, i ricercatori si avvarranno di diversi modelli sperimentali: dal pesce zebrafish al topo fino agli organoidi cerebrali, cioè piccoli tessuti nervosi coltivati in laboratorio a partire da cellule umane. L’integrazione di questi approcci consentirà di indagare gli specifici circuiti nervosi legati a sintomi come ansia, disturbi gastrointestinali e difficoltà motorie, aprendo auspicabilmente la strada a nuovi interventi.

Malattia di Anderson-Fabry

Daniele Canarutto, ricercatore dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, porterà avanti lo studio dal titolo “Integrazione sito-specifica del transgene terapeutico con contro-selezione spontanea degli eventi imprecisi di editing genomico per il trattamento della malattia di Anderson-Fabry” finanziato dall’Associazione Italiana Anderson-Fabry (AIAF).

La malattia di Fabry è causata dalla carenza di un enzima essenziale per lo smaltimento di sostanze di scarto. Nel tempo, l’accumulo di questi metaboliti non smaltii danneggia progressivamente vari organi, tra cui sistema nervoso, reni, cuore, vasi sanguigni. Da diversi anni è disponibile una terapia enzimatica sostitutiva che permette di alleviare parzialmente i sistemi, ma contemporaneamente molti ricercatori sono al lavoro per provare mettere a punto una strategia che corregga alla radice il difetto genetico responsabile.

È in questa direzione che va il progetto di Canarutto, che punta a sviluppare una nuova strategia di editing genetico ex vivo, una correzione mirata del DNA eseguita sulle cellule staminali del sangue prelevate dal paziente. Inserendo una copia corretta del gene difettoso in una zona “sicura” del genoma, sarà possibile ristabilire la produzione stabile dell’enzima mancante.

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