Ci sono rarità difficili da accettare. La glicogenosi 1b, la malattia genetica rara di Nina, ne è un esempio. Ma Nina, grazie alla ricerca, e a chi la sostiene, può credere in un futuro diverso.

Quante volte siamo rimasti senza fiato davanti a un tramonto sul mare, un arcobaleno, o, se dobbiamo esagerare, l’aurora boreale? Sono quegli eventi che, non a caso, definiamo uno spettacolo.
Se non unico, molto, molto raro. Ed è così che la rarità viene spesso associata al concetto di meraviglia e di bellezza. Ma non sempre l’abbinamento funziona, non sempre la rarità suscita lo stupore che precede un sorriso. Soprattutto se parliamo di malattie genetiche rare.
La campagna di Natale, che la Fondazione Telethon ha realizzato quest’anno, riflette proprio su questo: raro non è sempre bello, meraviglioso, gioioso. Come ogni anno, dal 1990, nel mese di dicembre, la Fondazione racconta agli italiani, in maniera più “forte”, quello che fa durante tutto l’anno, come rende concreta la sua missione, quali sono gli avanzamenti e i risultati della ricerca che finanzia, come si muove il suo ecosistema, fatto di persone che, in situazioni e ruoli differenti, affrontano la sfida verso la cura. Fondazione Telethon sarà in piazza, in tv, in radio e sul web. Con una maratona tv sempre più ricca e diversificata, per diffondere al meglio la missione e permettere alla ricerca scientifica di regalare nuove concrete speranze. Un’attività di comunicazione importante, complessa, variegata, per fare più “rumore” possibile. E se vogliamo fare tanto, sempre più, rumore è soprattutto per le nostre persone, come Nina.
La rarità di Nina
Nina ha 8 anni ed è una bimba rara, perché rara è la sua malattia. Ma la glicogenosi 1B non è un’alba dai mille colori, non è una foresta incantata. E, forse, Nina non è così contenta della sua rarità. Non è difficile immaginare che Nina non sia del tutto felice della sua dieta e delle sue terapie. Rarità uguale bellezza non è un’equazione “facile” per mamma Marta e papà Lande. Quando ai problemi e alle ansie, con la piccola che ha circa un anno, segue la diagnosi, di una patologia genetica molto grave, tutto il loro mondo cambia, si rivolta. Il presente cambia colore, il futuro diventa incerto.

Le parole progetto e programma perdono di sostanza. Tutto va ripensato e rimodulato: nuove abitudini, una quotidianità da reinventare, attività da cancellare, altre da inserire, gioco forza, nella propria vita.
Perché la glicogenosi 1B è difficile da accettare, digerire, affrontare. È rara, ma non è bella per niente. È un disturbo del metabolismo, caratterizzato dall’accumulo di glicogeno e di grassi in alcuni tessuti, in particolare fegato e reni. Si manifesta nei primi mesi di vita, con l’ingrossamento della milza, acidosi lattica e crisi convulsive. La forma che affronta Nina è caratterizzata dall’insorgenza di infezioni ricorrenti e di malattie autoimmunitarie. Se non trattata comporta un ritardo della crescita, osteoporosi, disturbi renali e formazione di adenomi epatici che possono portare allo sviluppo di tumori del fegato. Un quadro complesso, che non migliora pensando che non esiste ancora una terapia risolutiva. Lo strumento più efficace è una dieta adeguata, con cui si cerca di prevenire l’insorgere di complicazioni. Così, Nina non può mangiare zuccheri, frutta, dolci e latticini. Il regime alimentare deve essere rigidissimo; tutti gli alimenti devono essere pesati rigorosamente, i tempi sono scanditi al minuto: anche solo 5 minuti di ritardo nel pasto possono abbassare la sua glicemia, anche di 20 punti. Con conseguenza molto gravi. Oltre a questo, ci sono terapie farmacologiche da seguire, attenzioni da tenere, giorno e notte. Ogni valore va monitorato costantemente e l’allarme sul cellulare può suonare in ogni momento. Con il sonno che si spezza, annullando il riposo. E poi c’è la macchina dell’alimentazione notturna che si inceppa, o un promemoria da rispettare.
Anni difficili
I primi anni sono uno stillicidio, la glicemia di Nina regola la vita, le energie, l’umore della famiglia, che però non si arrende. Cerca, contatta persone, associazioni, ospedali, centri di ricerca. E grazie alla rete europea di associazioni, la piccola ha accesso ad una terapia sperimentale, in Olanda che dura un mese e mezzo, ma che porta i suoi frutti. I livelli di glucosio nel sangue diventano più stabili, può assumere cibo ogni tre ore, e non ogni 25 minuti, il suo sistema immunitario è più forte; Nina cresce un po’. Quello della famiglia, però, è un percorso che non si ferma e, nel suo peregrinare tra visite e controlli, in giro per l’Europa, incontra Fondazione Telethon. Nello specifico, l’Istituto Telethon di Genetica e medicina di Pozzuoli, conoscendo il professor Brunetti-Pierri, che si occupa proprio della glicogenosi 1B.
Oggi Nina sta bene e viene seguita al Bambin Gesù di Roma, con la famiglia che si è trasferita per poter seguire il percorso di terapia. Con nuove dinamiche, modalità diverse, ma il coraggio e la determinazione di sempre. Scelte difficili e compromessi sono all’ordine del giorno, perché, nonostante tutto, gli impedimenti non mancano. Si devono trovare nuove soluzioni. Come l’introduzione, nel circolo familiare, di due caregiver. Una coppia colombiana che sostiene Marta e Lande, vivendo con loro, in un compito che stava diventando insostenibile.

Con possibili gravi rischi per la bimba, perché la stanchezza e lo sfinimento sono condizioni che levano attenzione, lucidità e forza. Quella forza che è, nonostante tutto, uno dei tratti distintivi di Nina, come racconta il nome del blog che parla di lei: «Nina la guerriera». Una determinazione che le permette di affrontare la malattia anche tra le limitazioni pratiche e, purtroppo, quotidiane. Per una bambina non è facile trovarsi ad una festa e non potersi “ingozzare” di dolci come fanno gli altri. Non è facile dover tenere una disciplina marziale, perché non ci sono alternative; è complicato rinunciare alle vacanze, perché le difficoltà logistiche sono troppe; è snervante sottoporsi a visite e controlli frequenti o dover accettare ricoveri improvvisi. Eppure, di pari passo alla disciplina, va il sorriso. La gioia di vivere, di stare con le persone, di giocare e fare fotografie; una delle sue passioni.
La ricerca è speranza
Nina va all’asilo tutti i giorni, il prossimo anno farà la 1° e sta iniziando a leggere e scrivere. A muoverla sono forza e gioia. Come quella che prova quando, tre volte a settimana, va a danza, supportata dai suoi imprescindibili snack, come quando va al corso di nuoto che ha iniziato da poco.

Passioni e speranza. Perché Nina, Marta e Lande non smettono mai di credere in una vita che possa essere diversa. Non smettono di sperare che la ricerca, che già è venuta in loro soccorso, anche se non in maniera definitiva, non possa un giorno arrivare alla cura. Perché è grazie alla ricerca se oggi la qualità di vita di questa famiglia è cambiata, migliorata; è dalla ricerca che può arrivare la vera risposta alla malattia. Quella ricerca che Fondazione Telethon finanzia da oltre 30 anni; quella sulla cui importanza fondamentale vuole porre l’attenzione, anche con la campagna di Natale di quest’anno. Perché certe rarità non brillano come un’aurora boreale. E non sono belle come gli occhi di Nina.