ON AIR è il nuovo format video di Fondazione Telethon che racconta le storie di impegno, perseveranza e condivisione che sono alla base delle associazioni di pazienti.

Corse, salti, cadute sono all'ordine del giorno nella vita di tutti i bambini. Ma quando ricevi la diagnosi di Tromboastenia di Glanzmann, la più nota malattia emorragica ereditaria delle piastrine, che colpisce 1 bambino su un milione, non è facile per i genitori vivere con spensieratezza la quotidianità.

Lo sa bene Marco Dalu, presidente dell'Associazione Italia Tromboastenia di Glanzmann e papà di Giovanni Maria, 8 anni, occhi vispi, sorriso da furbetto e grande appassionato di Spiderman.

«Da piccolo, subito dopo la diagnosi, cercavamo di limitare il più possibile i rischi per nostro figlio - racconta Marco -. La prima reazione alla malattia è stata quella di farlo vivere sotto una campana di vetro per paura che potesse stare male, anche semplicemente giocando. Oggi il nostro approccio è cambiato. Abbiamo imparato a gestire le emorragie e ci impegniamo a fargli vivere una vita tranquilla senza troppe limitazioni».

Eppure i momenti di spavento non sono mancati in questi 8 anni. Lo scorso anno Giovanni di notte ha iniziato a sanguinare copiosamente da un orecchio ed è stato necessario ricoverarlo, perché i farmaci antiemorragici, dati a casa, non facevano effetto.

La malattia non provoca solo sanguinamenti visibili. Spesso le emorragie sono interne e si notano solo con la comparsa dei lividi sul corpo, con il gonfiore degli arti, con l'alito che odora di sangue.

«Quando aveva 4 anni per aiutarlo ad accettare il suo corpo e fargli capire che siamo tutti uguali mi sono fatto tatuare i suoi ematomi sulle gambe. Oggi che è più grande non si vergogna più e ha trovato anche il coraggio di andare tutto l'anno in piscina. Ama stare in acqua».

La campana di vetro ormai è stata sollevata, Giovanni va alle feste dei suoi compagni di classe, gioca e si diverte. Marco lo controlla sempre da lontano, ma sa che per il figlio quei momenti di socialità sono preziosi.

«Deve essere libero di vivere la sua vita di bambino e deve anche imparare ad autogestirsi, a capire da solo quando è il momento di fermarsi perché il corpo si sta stancando. La vita mi ha messo davanti ad un bivio, dopo la diagnosi, potevo aspettare un miracolo o attivarmi. Ho scelto di fare qualcosa per Giovanni e per i bambini che verranno dopo di lui, perché non voglio che nessuno viva il dolore che ho vissuto io. È mio dovere di padre fare qualcosa per lui».

Per Giovanni Maria, Marco nel 2021 ha creato l'Associazione, grazie al supporto di Fondazione Telethon. Per tanto tempo ha cercato famiglie con la Tromboastenia, ma la rarità della malattia ha ostacolato spesso la ricerca. Poi dopo i tatuaggi e l’involontaria popolarità sono state le storie a trovare lui.

«L'Associazione è per noi come una famiglia. Un luogo di confronto e di conforto, dove condividere paure, sofferenze, ma anche speranze nella ricerca. Non dimenticherò mai la telefonata di Fondazione Telethon che ci avvisava dell'avvio di un progetto di ricerca sulla Tromboastenia. Mi tremavano le gambe dall'emozione».

Tra tutti gli sport, Giovanni ama il calcio, forse uno dei più rischiosi per il suo corpo. Marco ne è consapevole, ma cerca comunque di non privarlo dei suoi desideri di bambino. Così anche se la scuola calcio non è possibile da frequentare, non mancano i pomeriggi al campetto per fare due scambi con il papà o con i cugini.

«Mi auguro che da grande mio figlio sia una persona felice, ma soprattutto che sia una brava persona, che non volta le spalle davanti a chi soffre, perché noi la sofferenza l'abbiamo provata. Ecco questo mi farà sentire un padre realizzato».

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