Su ON AIR conosciamo Valentina Giuffrè, Referente per la Regione Sicilia dell’Associazione Nazionale Malattia di Wilson. ON AIR è il format di Fondazione Telethon che racconta le storie di impegno, perseveranza e condivisione che sono alla base delle associazioni di pazienti.

Aveva solo 5 anni Valentina Giuffrè, quando le è stata diagnosticata la Malattia di Wilson, una malattia genetica caratterizzata dall'accumulo tossico di rame nell’organismo. I primi anni, quando i suoi genitori sono diventati soci dell’Associazione Nazionale Malattia di Wilson, Valentina faticava a partecipare alla vita associativa.

«Mi faceva soffrire vedere durante i convegni persone che avevano la mia stessa malattia, stare molto male. Erano storie così lontane da me, io stavo bene, non mi riconoscevo in loro. Poi crescendo è nato in me il desiderio di far vedere agli altri, soprattutto ai più giovani, che c’erano anche storie positive, come poteva essere la mia».

Da qui, la scelta di partecipare in maniera attiva alla vita dell’Associazione, mostrando come può essere la vita di chi ha la malattia di Wilson, se diagnosticata tempestivamente e se si seguono le terapie farmacologiche.

A differenza di altre patologie, per questa malattia genetica rara esistono infatti delle terapie, farmaci che vanno assunti più volte al giorno ed in fasce orarie ben precise, grazie ai quali si riesce ad evitare l'accumulo tossico di rame nell’organismo e le sue gravi conseguenze, soprattutto a livello neurologico e psichiatrico.

Quando Valentina ha ricevuto la diagnosi, non si conosceva molto sulla Malattia di Wilson. Spesso i sintomi, in cui il corpo può degenerare a causa del rame, come tremori, difficoltà nel linguaggio e nel movimento, atassia, portavano i medici a diagnosticare erroneamente altre patologie come ad esempio il morbo di Parkinson. Le storie dei pazienti che Valentina ascoltava da piccola, erano storie di persone che purtroppo, avendo ricevuto tardi la diagnosi, non avevano potuto cominciare in tempo la terapia farmacologica, manifestando in maniera irreversibile i sintomi.

«Se presa in tempo, la Malattia di Wilson permette di avere una buona qualità di vita. Credo che il problema più grande della mia patologia sia l’accettazione e la costanza, soprattutto nell’età adolescenziale. È una malattia invisibile, che richiede il rispetto di una routine strutturata. Erroneamente pensi che non succede nulla se non segui la terapia, perché ti senti bene, ma i danni iniziano a vedersi alcuni mesi dopo e se non si interviene subito restano permanenti. Anche io ho avuto momenti di negligenza negli anni, saltavo una pasticca ogni tanto, ma appena facevo le analisi di controllo mi rendevo conto che i miei valori erano fuori target e subito raddrizzavo il tiro»

Oggi Valentina ha 30 anni e oltre ad essere Referente per la Regione Sicilia dell’Associazione Nazionale Malattia di Wilson, è una figura fondamentale per i ragazzi e le ragazze dell’associazione. Un punto di riferimento, sempre pronta a dare consigli e a far capire ai giovani perché è importante seguire la terapia farmacologica.

«Con la mia storia voglio provare a dare una speranza alle famiglie, soprattutto alle mamme, che partecipano ai convegni. Vent’anni fa c’era l’idea che con la Malattia di Wilson non si potesse fare nulla, eravamo visti solo come malati, perché si conoscevano soltanto esempi gravi. Oggi i ricercatori parlano di terapia genica, chissà se mio figlio, se mai dovesse avere la malattia, potrà vederla già concretizzata».

Valentina due anni fa è diventata mamma di Leonardo Arturo. Quando insieme al compagno Lorenzo hanno iniziato a pensare di voler diventare genitori, subito hanno cercato di capire se c’erano dei rischi legati alla malattia.

«Ricordo che a molte ragazze i medici sconsigliavano di restare incinta e di allattare, perché c’era poca letteratura scientifica a riguardo. Questo mi rendeva molto triste. Poi nel Centro di riferimento di Napoli, dove sono seguita, mi hanno spiegato che esistevano anche storie positive. La malattia è autosomica recessiva, vuol dire che mio figlio potrebbe essere solo portatore sano, ma potrebbe anche avere la malattia, dipende se il papà ha la mutazione. Su indicazione dei medici lo abbiamo sottoposto al test genetico ora che ha due anni.  Mi auguro davvero che non la abbia, ma so che se dovesse averla, siamo fortunati, perché a differenza di altre malattie rare, per la nostra esistono farmaci che ci permettono una buona qualità di vita».

Valentina ha studiato all’Università matematica e oggi lavora per un’azienda informatica a Pisa, dove vive con Leonardo e Lorenzo. Lavorare, crescere un bambino e intanto portare avanti l’impegno associativo richiedono un grande impegno quotidiano, ma lei è determinata nel voler essere d’aiuto a chi vive nella sua stessa condizione.

«Dovremmo imparare a prenderci cura degli altri, anche se è più facile girarsi dall’altra parte. Tenere in piedi un’Associazione richiede uno sforzo fisico e mentale. Siamo in pochi e far parte delle Associazioni in Rete di Fondazione Telethon non ci fa sentire piccoli e soli. Siamo dei volontari, il nostro impegno è volontà allo stato puro, un atto di generosità. Crediamo nella ricerca scientifica di Fondazione Telethon. Abbiamo visitato in più occasioni l’Istituto Tigem di Pozzuoli e abbiamo toccato con mano la passione che i ricercatori mettono nel loro lavoro. Speriamo davvero che un giorno si arrivi alla cura per la Malattia di Wilson».

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