Su ON AIR conosciamo Lorenza Uzzeni, consigliera dell'Associazione Italiana Glut1. ON AIR è il format di Fondazione Telethon che racconta le storie di impegno, perseveranza e condivisione che sono alla base delle associazioni di pazienti.

Il cibo è come un farmaco salvavita per chi convive con la sindrome da Deficit di Glut1, una malattia genetica rara che compromette in particolar modo il normale transito del glucosio dal sangue al cervello, con conseguenze gravissime sull'organo e a livello sistemico.

Lo sanno bene i genitori, come Lorenza Uzzeni, Segretaria dell’Associazione Italiana Glut1, che da quando sua figlia Martina ha 13 mesi, non ha passato un giorno senza passare ore in cucina, preparando con cura rigorosissima e pianificando regolarmente ogni singolo pasto della bambina.

Per chi ha il Deficit di Glut1 infatti al momento la dieta chetogenica è l’unico trattamento esistente, e, se seguita in maniera rigorosa e senza interruzioni, permette di alleviare alcuni dei sintomi della malattia, in particolare le crisi epilettiche e l’atassia. Questa dieta costituisce una forma di medicina di precisione che, pur senza correggere il difetto metabolico alla base della malattia, permette di aggirare gli effetti dannosi.

«Il nutriente principale che assumono giornalmente i nostri figli sono i grassi, che devono essere in ogni pasto tra il 66% e l’80% rispetto ai carboidrati e alle proteine. Ogni paziente ha una dieta su misura, costruita dal team di medici in modo personalizzato, in base all’apporto calorico necessario ma soprattutto alla reazione del corpo nella produzione dei corpi chetonici. Mai uno sgarro o un’interruzione sono concessi. La libertà nel nutrirsi è un’utopia: il cibo è farmaco e ogni paziente deve seguire al grammo le prescrizioni dei medici. Martina è molto brava nel rispettare la dieta, lo è sempre stata. Ma so che ci sono ragazzi, soprattutto in adolescenza, che faticano ad accettare questo regime alimentare».

Nulla può essere lasciato al caso quando si ha un figlio con questa malattia. I genitori preparano ogni singolo pasto pesando ogni ingrediente con estrema precisione, senza poter fare errori: devono preparare con le loro mani ciò che è salvavita per i loro figli. Inoltre, è necessaria una grande pianificazione e organizzazione perché, con un regime di questo tipo, è necessario avere sempre i pasti con sé, o istruire con grande attenzione le mense scolastiche nel prepararli.

«Per aumentare la compliance dei pazienti, la nostra Associazione italiana Glut1 ha realizzato insieme al Politecnico di Milano un’app che permette alle famiglie di personalizzare i pasti in base ai gusti del proprio figlio, nel rispetto dei parametri rigidissimi indicati dal team medico. Ogni famiglia cerca quindi di ricreare in versione chetogenica molti piatti. Inevitabilmente il gusto, ma anche la consistenza cambiano, per questo è fondamentale provare, provare e confrontarsi con gli altri, per renderli appetibili».

Se a casa è più semplice organizzare e pianificare i pasti, le maggiori criticità emergono quando ci si ritrova fuori, a scuola, al lavoro, al ristorante o ad una festa di compleanno.

«Grazie all’enorme lavoro fatto dall’Associazione, in questi anni sono stati fatti tanti passi avanti: oggi esistono alcuni alimenti già pronti che possono essere integrati nella dieta - come budini, bevande o panificati - e che vengono riconosciuti gratuitamente dal Sistema sanitario Nazionale. Fino a pochi anni fa non c’era quasi nulla a disposizione e doveva essere tutto pagato di tasca propria. Dobbiamo far sì che rispettare la dieta non voglia dire rinunciare alle uscite o alla socialità, ma solo non poter improvvisare e organizzarsi con anticipo. Cerchiamo di far fare a Martina una vita normale. Ora che ha 13 anni inizia a guardare nel piatto delle sue amiche, ma sa che deve portarsi sempre il suo pasto da casa».

Il carico di responsabilità del caregiver è molto elevato, sia nella preparazione che nella somministrazione dei pasti: per questo l’associazione di pazienti offre gratuitamente percorsi di sostegno psicologico ai genitori, ai sibling e ai pazienti stessi. Il rischio di burn out è molto alto e sbagliare una preparazione o uno sgarro o smettere di seguire la dieta stessa portano a ripercussioni molto gravi sulla salute dei pazienti.

«Dobbiamo tenere sotto controllo con precisione i livelli di corpi chetonici e di glicemia, con punture che in alcuni casi sono da fare anche più volte nell’arco della giornata. Ai nostri figli basta mangiare un boccone di un alimento non previsto (un pezzo di biscotto, una leccata di un gelato, il sorso di una bevanda) per uscire dallo stato di equilibrio metabolico e vedere ricomparire segnali importanti e gravi della malattia. Non esistono mai pause né per noi genitori, né per i pazienti».

Essendo inoltre una dieta fortemente sbilanciata, diventa fondamentale affidarsi ad un team chetogenico di professionisti sanitari che possano monitorare la situazione e prevenire gli effetti collaterali, mediante la minuziosa costruzione di un regime alimentare, controlli periodici e utilizzo di integratori.

 «Ma la cosa più complessa è la consapevolezza che questa dieta non sia risolutiva e, come dicevamo, tenga sotto controllo solamente alcune manifestazioni della malattia. Dobbiamo arrivare ad una cura e non ad un trattamento. Solo la ricerca può costruire un futuro per i nostri cari, affetti da deficit di Glut1».

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